La sirenetta

dalla fiaba di Hans Christian Andersen

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In un luogo del mare dove l’acqua è profonda, azzurra come i petali dei fiordalisi e trasparente come cristallo purissimo abitano le genti del mare.

Questo popolo pacifico e gentile è governato da un re che vive in un magnifico palazzo con le quattro figlie.

Insieme a loro vive anche la nonna, un’anziana e saggia sirena che sa raccontare storie meravigliose.

Tutte le sirene hanno una piccola aiuola dove dispongono raccolgono piante acquatiche, coralli, conchiglie e oggetti vari provenienti dalle navi naufragate.

La sorella più piccola, la Sirenetta, ha collocato nella sua aiuola la statua di un giovane che le ricorda un principe di cui è innamorata.

Ma come può una sirenetta - per quanto bella e dolcissima - vivere sulla terra con la sua coda di pesce?

Le creature del mare, infatti, non hanno un’anima immortale, e un giorno spariscono per sempre: il loro destino è sguazzare spensierate fino a trecento anni; poi, si trasformano in schiuma del mare e di loro non resta più nulla.

La Sirenetta ama così tanto il principe che non le importa dei privilegi della via sott’acqua: il castello di corallo e d’ambra, le stelle marine, le ostriche e i pesci suoi amici non potranno mai colmare il vuoto di una vita senza amore.

La piccola sirena decide allora di recarsi dalla Strega del mare che in cambio della sua voce le darà un corpo di donna.

Questa storia è molto famosa e tutti sappiamo che purtroppo non è a lieto fine: il principe sposa una vera principessa e la Sirenetta si trasforma in schiuma del mare.

Ma in fondo, cosa importa?

La piccola sirena ci ha insegnato che l’amore è una cosa importante e noi, che le abbiamo voluto bene davvero, faremo tesoro di questa lezione.


Come tutte le precedenti collaborazioni con Luigi Veronesi (Histoire du soldat, La regina della neve, Il drago) anche La sirenetta si presta a una superba realizzazione scenica.

Le marionette astratte, stilizzate, essenziali, sembrano teoremi estetici; disegnando volti privi di lineamenti, il pittore accentua il valore metafisico della narrazione.

Gianni Colla presenta lo spettacolo nel doppio ruolo di sceneggiatore e interprete di Andersen, introducendo la celeberrima fiaba tanto ricca di verità umane; quest’ultima sceneggiatura di Gianni, in cui si avverte, quasi profeticamente, il suo addio alle scene di lì a pochi anni, nel 1995, viene rielaborata dalla nipote Stefania Mannacio Colla e utilizzata per le edizioni successive dello spettacolo.

Le musiche sono di Ugo Nastrucci, eseguite e registrate dallo stesso autore.